Siamo destinati a vivere su Marte?
Autore: Vincenzo Greco Manuli
Nel mio ultimo articolo sui nemici degli innovatori parlavo del fatto che sono le nostre esperienze a produrre le nostre credenze, e che queste ultime determinano a loro volta i nostri comportamenti. Ma quali sono state allora le esperienze che ci hanno portato a vivere in un pianeta vicino al collasso, almeno dal punto di vista ambientale?
Forse l’esperienza della fame e della privazione di risorse vissuta nelle due passate guerre mondiali hanno prodotto credenze che ci hanno spinto ad un consumismo senza regole e senza confini. O forse, chissà, saremmo arrivati comunque a questo punto.
Oggi mi è arrivato un filmato dall’Honduras che mi ha fatto capire che siamo al capolinea. Il video mostrava un’enorme isola interamente composta da rifiuti galleggianti. A chi toccherà ripulire quello schifo? E a che prezzo?
Per il nostro pianeta c’è ancora speranza, considerando che arriveremo presto ad abitarlo in 7 miliardi? E che se cinesi e indiani cominciassero a consumare carta igienica come la media degli americani non ci sarebbero più alberi?
Elon Reeve Musk (l’imprenditore sudafricano CTO dell’azienda aerospaziale “SpaceX”, amministratore delegato della Tesla Motors, cofondatore di PayPal e ideatore dell’Hyperloop, il treno del futuro ad aria compressa) ha fatto appendere all’ingresso della sede di Los Angeles di SpaceX due enormi cartelli. Su uno, quasi interamente rosso, è raffigurato Marte. Sull’altro, Elon mostra l’aspetto che avrà il pianeta dopo la colonizzazione che sta programmando da anni: cielo azzurro, mare, e tanto verde.
In attesa (se mai accadrà) che Elon trasformi il pianeta rosso in una meta interplanetaria ambita in cui le persone possano vivere stabilmente, non sarebbe il caso di affrontare il problema a livello globale sfruttando la leva dell’economia circolare nel tentativo di rallentare l’inevitabile decorso delle cose?
Contatta l’autore: vincenzo.grecomanuli@progettoenergiaefficiente.it
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